L’autoregolazione è sicuramente uno dei modi più interessanti per approcciarsi al mondo dell’allenamento, ma ancora di più al mondo della forza.
Se ci pensate è un approccio che facciamo di continuo senza pensarci con ogni esercizio che non siano squat/panca/stacco. Dovete far 12 colpi di curl? Avanti… chi di voi sa il massimale di curl? Prendete un carico e vedete quanto ne fate. Se a 9 state morendo, diminuite il peso, se a 12 invece sentite di averne altre 4 allora si aumenta. Poi ovviamente c’è il giorno in cui il carico del precedente allenamento pesa più del solito e quello in cui è leggero e girate per la palestra urlando light weight baaaaby! E’ normale.
Con squat/panca/stacco abbiamo invece le %. E le progressioni portano con loro, la maggior parte delle volte, molti problemi. Il più classico è l’ansia da prestazione. Immaginate il solito ciclo russo. Avete il 4x4x90%, pesa come cercare di sollevare un pianeta, comincia l’ansia per l’allenamento dopo, 3x3x95%, andate in palestra, vi scaldate, i pesi sono più pesanti del solito e mandate tutto in malora lasciando l’allenamento perché sapete di non riuscire a chiuderlo. Oppure ancora peggio, andate, al primo set ci rimanete sotto e comincia lo scazzo più totale.
Certo, l’autoregolazione vi porta altri problemi nell’organizzazione dell’allenamento, ma almeno vi permette quella che secondo me è la cosa più utile: gestire il peso. Avete dormito 4 ore? Difficilmente potete fare il 4×4 con il 90%, ma lo farete con il carico che per voi è allenante quel giorno. Siete in forma? Si carica di più. Semplice. Per non parlare poi di quanto sia più facile seguire le persone: sono anni che non do una % specifica del massimale a qualcuno!
Esistono però diversi approcci di autoregolazione, molti infatti confondono il concetto di autoregolazione con il ramping, ovvero l’approccio secondo cui aumentiamo il peso di set in set fino a raggiungere un determinato buffer. Esempio classico: devo fare 4 colpi pesanti. Allora mi metto lì, 4 x 100kg, 4 x 110kg, 4 x 120… fino a che non trovo il carico target. Questo è solo uno degli approcci. Oggi vedremo le varie possibilità di autoregolazione!
Alla base di tutto ovviamente, non mi stancherò mai di scriverlo, ci sono il volume ed intensità. Per cambiare dalla solita metafora del sole e dell’abbronzatura, l’intensità rappresenta la nostra meta, il volume il tipo di barca che scegliamo per raggiungerlo: se usiamo una barca troppo piccola (poco volume) non raggiungiamo la meta, se invece usiamo una barca troppo grande (troppo volume), facciamo fatica a navigare e ci schiantiamo sugli scogli.
Autoregolare l’intensità
Il metodo che più di tutti ha reso famoso il ramping come metodo di autoregolazione è sicuramente il metodo RPE di Mike Tuchscherer (potete approfondire qui).
Secondo questo metodo dobbiamo aumentare il peso di set in set fino a raggiungere un peso con cui sentiamo di avere un determinato buffer. Facciamo un esempio pratico. Fare x4@8 significa andare a trovare un peso con cui riusciamo a fare al massimo 4 ripetizioni con un buffer di 2 ripetizioni, quindi un peso con cui potremmo fare in totale 6 ripetizioni al limite.
Questo però è un metodo di modulazione dell’intensità, poiché il volume (il back off) è prestabilito, fa parte della difficoltà della programmazione determinarlo. Un giorno magari avremo 2 serie di back off, un giorno 4 etc… della strategia dell’allenamento parleremo prossimamente. Quello che conta ora è capire che qui si determina solamente l’intensità. Un giorno siamo in forma? Facciamo magari 4 colpi all’86%. Un giorno siamo stanchi? Magari ci fermiamo all’78% etc… siamo noi a dover trovare l’intensità del giorno.
Il metodo bulgaro è un altro esempio di questo tipo di autoregolazione e così tutti i metodi che prevedono di salire di set in set.
Autoregolare il volume
Esistono anche metodi che prevedono di autoregolarsi pur avendo un determinato carico come riferimento.
Il più classico è sicuramente il metodo AMRAP, usatissimo nel crossfit, il cui acronimo significa As Many Rep as Possible, ovvero tirate alla morte o, magari, finché riusciamo a essere tecnici.
Sembra un esempio molto basilare, ma nel mondo della forza è un approccio estremamente importante che a mio giudizio va inserito più spesso di quanto non si faccia. Immaginate di avere un paio di atleti a cui date un AMRAP all’80% e mentre uno fa 10 ripetizioni (al limite), uno si ferma a solamente 6 ripetizioni. Il gap tra i due atleti sarebbe notevole e indicativo di diverse casistiche:
- inadeguata/ottima gestione di alte ripetizione;
- difetti tecnici;
- inadeguata/ottima resistenza lattacida;
e, assolutamente, la più importante
- cattiva/buona gestione di pesi massimali.
Cerco di spiegarmi meglio. Se all’80% fate troppe ripetizioni, magari avete una pessima capacità di spingere pesi massimali e dovete lavorare di più in quest’ottica. Al contrario, poca gestione di alte ripetizione, vuol dire che un lavoro più “metabolico” può darvi tanto in off-season.
Simile al metodo precedente, ma che si basa sul buffer, è l’approccio basato sul RIR (repetition in reserve). Dato un peso fisso, di solito si fanno fare il massimo di ripetizioni possibili tenendo un buffer che si aggira intorno a 1, 2 o 3 ripetizioni. Metodo usatissimo per l’allenamento dell’ipertrofia.
Immaginiamo dunque di avere 70% x 3 set @3RIR.
Il primo set magari facciamo 15 ripetizioni. Ci affatichiamo, poi ne facciamo 12, infine magari 9. Badate bene, è un ottimo metodo che indica anche il nostro grado di fatica se saputo leggere. Immaginate di fare 15 ripetizioni al primo set la prima settimana e solo 12 la seconda settimana: vuol dire che stiamo facendo troppo e la prestazione decresce!
AMRAP e RIR sono simili, cambia solo che in uno si tira finché ce n’è e nell’altro fino ad un buffer determinato.
Autoregolare volume e intensità?
Un ottimo modo più interessante di quello che si può pensare e che unisce quanto detto fin’ora per autoregolare il volume e l’intensità è il Russian Bear. Se ve lo ricordate infatti, il primo set determina l’intensità: ci scaldiamo e saliamo con i pesi fino a raggiungere un carico impegnativo con cui facciamo 5 ripetizioni. Il “money set”. Poi comincia l’autoregolazione del volume, perché trovato questo carico scaliamo al 90% e facciamo altre 5 ripetizioni e infine scaliamo quindi all’80% del primo set e continuiamo a fare 5 ripetizioni con 30-90” di recupero finché non riusciamo più a fare 5 ripetizioni (volume set). Ovviamente non si tratta di cedere sotto il carico, semplicemente arrivare al punto di non poter più fare 5 ripetizioni. Fermatevi prima, non fermatevi sotto al peso.
Il problema di questo metodo è che rischia di portarvi presto vicino al vostro massimo volume recuperabile se non programmate bene. Se oggi fate troppo, sia nel money set che nei set finali, probabilmente il prossimo allenamento avrete le gambe tagliate e ne farete la metà. Il mio consiglio quindi è, nella gran parte dei casi, scegliere una delle due vie, per quanto il Russian Bear sia un programma interessantissimo se ben usato!
L’autoregolazione funziona?
Lascio un’anticipazione per il prossimo articolo, in cui voglio parlare proprio di questo. Qual è il problema di allenarsi, seppure con un metro di paragone oggettivo come la fatica? Il buffer percepito è davvero così appurato. Per anticiparvi la risposta, la risposta è spesso sì, ma con alcune considerazioni e applicazioni interessanti che pubblicherò settimana prossima! Nel frattempo…
Goodlift!
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