Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione nel mondo dello sport

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, secondo la più recente definizione fornita dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), vengono definiti come “caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

La nuova classificazione include i seguenti disturbi: Pica, Disturbo di ruminazione, Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo, Anoressia nervosa (Tipo con restrizioni, Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione), Bulimia nervosa, Disturbo da alimentazione incontrollata o Binge Eating, Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con / senza specificazione.

Le persone che soffrono di questi disturbi si caratterizzano per avere un anomalo rapporto con il cibo, alterazioni della propria immagine corporea, un’eccessiva preoccupazione legata alla forma fisica e spesso queste caratterizzano risultano essere associate ad una bassa autostima.

Per quanto riguarda il mondo dello sport spesso tali problematiche risultano essere sottostimate o poco riconosciute. Il motivo principale riguarda la difficoltà nel distinguere un comportamento alimentare disfunzionale e patologico rispetto ad uno stile di vita alimentare “sano ed equilibrato”. Un’altra variabile coinvolta è il tipo di attività sportiva praticata. Ad esempio sarà più “semplice” identificare un ipotetico disturbo della nutrizione in atleti che praticano sport che, nell’immaginario socio-culturale, vengono ritenuti maggiormente a rischio, quali ad esempio la danza classica e la ginnastica rispetto ad altri sport come il calcio o gli sport da combattimento.

Ma quand’è che uno stile alimentare da “sano” diventa “patologico”?

La doverosa premessa da fare, nel caso degli atleti, consiste nell’importanza che ricopre l’alimentazione ai fine del perseguire un determinato obiettivo prestazionale. La corretta esecuzione di un gesto atletico richiede necessariamente un determinato tipo di forma fisica a seconda dell’attività sportiva praticata.

Seguire una dieta sana e ben bilanciata permette a chiunque, sportivi e non, di raggiungere uno stato di benessere fisico e psicologico. Infatti tutte le sostanze che vengono assunte attraverso alimenti e bevande, vanno a costituire una sorta di “carburante” che ci dona energia, protezione e appagamento a livello mentale e sensoriale.

Perché si pensa che gli sportivi siano più a rischio?

Le persone che adottano uno stile di vita attivo e praticano sport con una certa costanza risultano essere maggiormente esposti a modelli socio-culturali che diffondono una determinata immagine di forma corporea. Inoltre molto spesso gli sportivi adottano schemi alimentari controllati ai fini della performance o del risultato estetico. Si presta attenzione a fattori quali l’apporto calorico giornaliero e il bilanciamento dei tre principali macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi). Questi schemi alimentari e nutrizionali, se troppo rigidi e applicati in modo inflessibile, da “funzionali” diventano “disfunzionali”. Inoltre se essi vengono adottati in ottica perfezionista e con l’obiettivo di raggiungere un’immagine corporea “perfetta” – o quasi – possono condurre la persona ad avere un atteggiamento disfunzionale o patologico nei confronti della propria nutrizione e delle situazioni sociali e relazionali ad essa collegate (ad esempio mangiare fuori insieme ad altre persone). Un altro fattore importante è costituito dalla maggiore frequenza, tra gli agonisti, di tratti di personalità che li contraddistinguono per essere perfezionisti, competitivi, orientati all’obiettivo e al superamento della performance. Alcuni studi hanno suggerito una correlazione tra questi tratti personologici e la pratica di sport quali ad esempio la danza, la ginnastica, il bodybuilding, il ciclismo, il nuoto sincronizzato identificandoli come sport “maggiormente a rischio”.

In alcuni sport vi è poi l’esigenza di rientrare in una determinata categoria di peso ai fini della performance atletica (ad es nella boxe o nella pesistica) o estetica (ad es. nel bodybuilding). Se tale obiettivo si associa ad ossessività e perfezionismo, può emergere una conseguente problematica di dismorfismo corporeo in cui la continua ricerca di una determinata forma muscolare o del dimagrimento porta ad avere un’immagine allo specchio distorta e costantemente insoddisfacente rispetto al proprio ideale di perfezione. Per queste persone lo sguardo si sofferma costantemente su quelli che sono ritenuti “difetti” fisici (ad esempio la forma del naso, della bocca, il seno, gruppi muscolari ritenuti carenti ecc..).

Quando i cibi “sani” diventano un’ossessione…

Alcune tipologie di comportamento alimentare vengono ritenute disfunzionali poiché in tali casi la ricerca continua di cibi “perfetti”, “sani”, “puliti” ecc.. può portare a stati di disagio psicologico. In alcuni casi la persona può sviluppare fobie, condotte di evitamento e ossessività nei confronti dei cibi ritenuti “pericolosi” per l’organismo o “sporchi” (ad esempio ortoressia e vigoressia).

Tali comportamenti patologici hanno conseguenze anche nella sfera sociale, affettiva, relazionale che risulta irrigidita e impoverita. Vengono quindi evitate tutte quelle situazioni in cui si condivide del tempo con altre persone in presenza di cibo con la diretta conseguenza dell’isolamento sociale.

Nel mondo dello sport la continua insoddisfazione per la propria condizione fisica e la ricerca della perfezione possono associarsi all’assunzione di sostanze dopanti, a rimedi per dimagrire più velocemente e in generale conducono, se non vengono trattati dal punto di vista psicologico, a intensi vissuti di tipo depressivo con la conseguente alterazione del comportamento negli altri ambiti di vita (lavoro, famiglia ecc).

In conclusione… Come riconoscere i sintomi?

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione possono essere diagnosticati in diverse fasi evolutive della vita (infanzia, fanciullezza, adolescenza ed età adulta). Essi costituiscono un vero e proprio disturbo quando diverse aree della quotidianità vengono influenzate negativamente da tali comportamenti disfunzionali. Alcuni segnali che dovrebbero destare particolare attenzione sono, ad esempio, la tendenza ad essere sempre “a dieta” con regimi alimentari restrittivi sia dal punto di vista calorico sia per ciò che concerne la varietà. È presente una condotta di evitamento delle situazioni relazionali e sociali che prevedono il cibo; le persone con un disturbo della nutrizione generalmente accampano diverse scuse al fine di giustificare il loro “non mangiare” in pubblico (ad esempio aver già mangiato a casa/scuola/con gli amici, non aver fame, avere mal di stomaco, non gradire quel tipo di alimenti, ecc). Per chi vive insieme a loro può essere essenziale osservare se sono presenti in casa quantità eccessive di farmaci lassativi utilizzati per espellere il cibo introdotto. Inoltre è necessario prestare attenzione se le visite al bagno sono troppo frequenti perché in tal caso potrebbero indicare la presenza di vomito autoindotto. Nel caso del Binge Eating o disturbo da alimentazione incontrollata, dentro il frigorifero sono in genere presenti grosse quantità di cibo che vengono consumate in poco tempo, talvolta senza essere cotte o scongelate. L’ingestione incontrollata di cibo prende il nome di abbuffata.

Queste persone spesso presentano credenze e comportamenti ossessivi o perfezionisti riguardo la preparazione e il consumo di cibo, oppure si alimentano con modalità che vengono percepite come “innaturali” o bizzarre (ad esempio con bocconi molto piccoli o eccessivamente abbondanti, troppo lentamente o troppo velocemente, utilizzando a volte le stesse posate in modo rituale, tagliando minuziosamente il cibo in parti molto piccole ecc..). E’ frequente osservare una sorta di “passione” per la preparazione di ricette, in alcuni casi si tratta di persone che amano cucinare per gli altri alimenti “ricchi” come i dolci, ma poi evitano di mangiare ciò che hanno tanto meticolosamente preparato.

Per quanto riguarda il corpo si evidenzia la tendenza al perfezionismo, un eccessivo focus sulla forma fisica e sul controllo del peso corporeo, talvolta un’ostentazione della propria forma fisica che tuttavia definiscono costantemente come “insoddisfacente” rispetto ai propri obiettivi. Le persone affette da tali problematiche tendono ad allenarsi tutti i giorni con modalità e tipologie di allenamento smisurati rispetto alla loro reale esigenza.

Ciò che spesso è evidente in questi casi è la presenza di una forte spinta all’autocontrollo (sul proprio peso, forma fisica, alimentazione…) che si estende anche alle persone che stanno intorno come i familiari, i partner o la cerchia ristretta di amici. L’autostima è generalmente bassa o ingannevolmente alta, vi è una sorta di rigidità cognitiva soprattutto quando si tratta di esprimere valutazioni e giudizi per cui prevale la logica del “tutto bianco o tutto nero”. In generale una parola chiave per comprendere queste problematiche è “controllo”, che nel caso degli sportivi spesso passa attraverso la preparazione atletica, lo schema alimentare rigido e restrittivo, il monitoraggio del peso corporeo e della percentuale di massa grassa e massa magra, gli elevati obiettivi estetici e/o di performance.

Cosa fare?

Generalmente i primi a notare la presenza di questo tipo di problematiche sono le persone più vicine affettivamente ai soggetti che ne soffrono. Familiari, partner, amici, allenatori, insegnanti possono notare questi cambiamenti importanti nello stile di vita e sostenere la persona nel richiedere un aiuto professionale (medico di medicina generale, psicologo, servizio sanitario pubblico, psichiatra). Tuttavia spesso si rivela un compito particolarmente difficile in quanto chi soffre di questi disturbi ha la tendenza a negare di avere un problema o a mascherarlo il più possibile.

Risulta quindi molto importante riconoscere precocemente i sintomi principali e rivolgersi a professionisti del settore al fine di essere indirizzati verso le soluzioni più adatte al singolo caso. Il trattamento elettivo è quello della psicoterapia a cui è utile affiancare quello medico, nutrizionale e in alcuni casi farmacologico.

Articolo della Dott.ssa Silvia Tagliati, Psicologa Psicoterapeuta
Contatti:
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